Questa email, inviata dal direttore creativo di Crisma (Luigi Manglaviti) al direttore marketing di Caffè Mauro (Mary Mauro), è la “scintilla” che segna l’avvio di una delle più belle storie di marketing legate al mondo delle sponsorizzazioni sportive.
Da un lato la felice intuizione di un creativo, dall’altro il coraggio imprenditoriale di una donna in gambissima: sei mesi dopo, con la collaborazione di un dirigente juventino assai “sveglio” (Romy Gai), il neonato «Juvespresso» farà il suo esordio — con successo — nei supermercati italiani...

19 luglio 2000, 16:30
Da: xxxxxxx@crisma.it

A: xxxxxxx@caffemauro.com

Oggetto: Prodotto Juve


Cara Mary,

la presente quale riflessione sul “prodotto ufficiale Juventus” di cui nel ns colloquio di ieri.
In base a quello che ci siamo detti, abbiamo alcune certezze.
– A livello produttivo/industriale, non possiamo/vogliamo permetterci più di UNA referenza a marchio Juve, per ovvi problemi di dispersione, economia di scala e/o rete di vendita;
– Ogni introduzione/canalizzazione Juve non partirebbe prima del 2001.
È inoltre vero che:
– Il marchio Juve è un potente “motore emotivo” su metà della popolazione italiana;
– Il brand Juve vende, l’immagine ‘relativa’ no: come ci ha spiegato Romy Gai, «il marchio resta, gli atleti passano». Ovvero, l’uso per esempio di Del Piero o Zidane come testimonials lascia il tempo che trova, invecchia nel giro di pochi mesi (magari il giocatore viene venduto ad altro team) ed è pure difficile da realizzare (diritti d’immagine dei giocatori);
– Sempre in base alle informazioni del direttore mktg Gai, «un collezionista/tifoso/amante Juve smette di collezionare dopo un certo numero di pezzi». Ne consegue che un barattolo di caffè ‘da collezione’ come quello che abbiamo ipotizzato nella prima idea di merchandising della ns sponsorizzazione, per quanto bello e per quanto brandizzato Juve, sarebbe sempre un barattolo “in serie”, e una mezza dozzina di barattoli sarebbe più che sufficiente per stare sulla mensola del più sfegatato tifoso bianconero.

Detto questo, cerchiamo di ricapitolare le opzioni che potremmo far scendere in campo.
1. Barattolo da collezione Mauro, “caratterizzato” con i colori Juve, tratto dalle ns Confezioni Regalo;
2. Mug/Tazzona da collezione Mauro-Juve, con pack esterno caratterizzato solo Juve;
3. Lattina di caffè sottovuoto (miscela da scegliere fra quelle ns già esistenti), caratterizzata da elementi bianconeri ma a marchio Mauro;
4. Un prodotto nuovo di zecca (vd alla fine).

1, barattolo tratto dalle ns Confezioni Regalo.
PLUS
– A livello produttivo è ovviamente una soluzione comoda per noi;
– Si può variare a piacimento la miscela da metterci dentro, per es. proponendo quella più idonea al contesto (Special Espresso per i corner Autogrill, Moka per lo stadio, etc).
MINUS
– A livello di posizionamento, si tratta di un GIFT, quindi di un prodotto NON di largo (e continuato) consumo. Si adatta solo all’occasione regalo, oppure all’acquisto d’impulso;
– È perciò un prodotto di “ultranicchia”: scordiamoci i numeri di vendita;
– Soprattutto, è limitatamente collezionabile, a meno di non variare (con gran dispendio) le tirature ogni semestre. Il che comporta tutti gli svantaggi che ben sai e che già affliggono le Confezioni Regalo in termini di logistica e di magazzino;

2, mug/tazzona bi-brand Mauro-Juve.
PLUS
– Netto spostamento del target verso la fascia giovane/giovanissima. E non sono sicuro che ciò sia un plus: forse fa vendere di più. Ma anche no?
MINUS
– È un oggetto “povero”;
– È ancor meno collezionabile di un barattolo (che te ne fai di quattro o cinque mug?).

3, lattina Caffè Mauro preesistente, da “caratterizzare” con elementi Juve.
PLUS
– A livello produttivo, è solo uno “sdoppiamento di pack”, da riempire con identica miscela (per es., la lattina del ‘miscela bar’ ha anche la variante ‘miscela bar Juve’);
MINUS
– La brand equity non cambia di una virgola. Il fatto che il brand Juve sia accoppiato al marchio Mauro in un pack già noto come Mauro non aggiunge nulla, né “garantisce” alcunché (Caffè Mauro non ha bisogno della “firma” Juve per fornire “garanzie di marca supplementari” al consumatore);
– Probabilmente si creerebbe confusione sulla promessa del prodotto in termini qualitativi;
– Il pack perderebbe in leggibilità per l’aggiunta di ‘elementi estranei’, senza guadagnarci granché in appetibilità e suggestione (gli elementi Juve sarebbero relegati in posizione secondaria).

E ora la soluzione più coraggiosa...

4, UN “CAFFÈ JUVENTUS”: una lattina a marchio Juve di caffè prodotto da Mauro.
– È un “vero” caffè bianconero, con la garanzia qualitativa della grande marca di largo consumo (Mauro farebbe né più né meno che da ‘co-packer’ di private label: solo che si tratta della Juventus e non di Esselunga o Coop);
– “Svecchia” la brand image Mauro, perché la Juve, a dispetto dell’appellativo Vecchia Signora, ha un’immagine di eterna giovinezza (‘juventus’, peraltro, significa ‘gioventù’);
– L’immagine di Mauro si arricchisce di valenze positive: “successo” e “blasone” della squadra di calcio più titolata e famosa d’Italia;
– A livello trade, non è che “un’altra (ma preziosa) referenza a listino”, un codice a barre in più. I vantaggi sono anche per Juventus FC: avrebbero un prodotto vero e non un semplice prodotto “ri-marchiato”, come avviene per il merchandising;
– La “marca impura” Juventus è probabilmente in grado di competere sul lineare con le “marche pure” (Illy, Segafredo, Lavazza, etc) per via dell’immane contenuto emotivo legato al vissuto bianconero;
– È una novità assoluta per il segmento caffè;
– È un prodotto facilmente inseribile nelle catene GDO, perché anche il più ottuso dei buyer intuisce il potenziale di un “Caffè Juventus”;
– È un motore irresistibile all’acquisto d’impulso e alla “prima prova”, sollevandoci dall’onere di molte spese di marketing necessarie alla sua introduzione. La bontà del caffè (Mauro, mica un Pincopallo qualunque), poi, è motivo sufficiente al riacquisto — almeno, ciò è vero per la metà della popolazione italiana di fede bianconera (ma lo sarebbe comunque in tutti gli altri casi visti prima, non trovi?);

Detto in altri termini: Juve vende, Mauro fidelizza.
Immagina quale potenziale di “doppia fedeltà di marca” avrebbe un prodotto del genere, con la Juve ad agire sul lato emotivo e Caffè Mauro sul lato razionale/organolettico...

Ci sono anche dei minus, certo.
– Un simile prodotto ha un target potenzialmente dimezzato (anche se solo sul mercato italiano): metà della popolazione italiana “odia” la Juve;
– Il giorno (speriamo lontano) che il binomio Mauro-Juve si scinde, Juventus FC si ritrova un business già bell’e avviato. Sebbene questo faccia parte dei normali rischi d’impresa, specie quando si lavora per le private label.

Ho finito.

Pensaci.

Ti abbraccio,

Mangla